IL GIUDICE DELLE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  di rimessione di questione di
legittimita' costituzionale.
   Letti  gli  atti del procedimento suindicato a carico di De Biasio
Claudio, in atti generalizzato.
   In relazione ai reati di cui agli artt. 51, d.lgs. n. 22/1997, 452
e  439  c.p.,  4,  31  e  89,  d.lgs.  n. 626/1994,  29  e 59, d.lgs.
n. 152/1999.
   Letta  in particolare la richiesta di archiviazione presentata dal
p.m. procedente;
   Visti gli esiti delle udienze camerali sin qui celebrate,
                            O s s e r v a
Premesse.
   La  delibazione  della  richiesta  avanzata  dal  p.m.  involge la
recentissima entrata in vigore del d.l. n. 90/2008, ed in particolare
l'art. 3 della citata norma.
   Orbene,  questo  giudice  dubita della legittimita' costituzionale
della disposizione di legge succitata, nella parte in cui attribuisce
le  funzioni  di  giudice  delle indagini preliminari e della udienza
preliminare  ai  magistrati  del  Tribunale  di Napoli, peraltro, per
quanto  attiene  l'adozione  di  misure  cautelari,  in  composizione
collegiale.
   Si   dubito   altresi'  della  legittimita'  costituzionale  della
disposizione  che prevede la retroattivita' delle succitate regole di
competenza a tutti quei reati (e relativi procedimenti) che risultino
commessi anteriormente alla entrata in vigore della citata normativa.
   Al  fine  di  illustrare  le  ragioni  di tali conclusioni e della
coeva,   quanto   doverosa,   rimessione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale,  occorre  procedere  per  gradi,  valutando  tutti  i
complessi aspetti della fattispecie in esame.
   In  particolare,  occorrera'  anzitutto  riepilogare la situazione
fattuale  oggetto  di  esame;  dovra'  quindi  essere stabilito se il
decreto-legge  n. 90  debba  ritenersi applicabile anche alla materia
oggetto del presente procedimento.
   Risultera'  inoltre  necessario  stabilire quali risultino essere,
secondo  la  normativa  vigente,  i  poteri  doveri di questa a.g. in
relazione alla richiesta avanzata dal p.m.
   Dovra'  quindi  essere  illustrata la rilevanza e la non manifesta
infondatezza della questione di costituzionalita', che, giova sin qui
premetterlo,  si ritiene afferente alla violazione degli artt. 3, 25,
primo comma e 102, secondo comma della Costituzione.
La situazione fattuale oggetto di indagine.
   Il  procedimento  in  esame  trae  origine  da una informativa del
Comando di Polizia Municipale del Comune di S. Maria la Fossa, datata
22  agosto  2003 e relativo alla gestione da parte del consorzio Ce 4
di  un  appezzamento  di  terreno ricompreso tra la discariche «parco
Saurino   2»   ed  il  bacino  di  stoccaggio  definitivo  denominato
«ampliamento 1 stralcio».
   Tale  appezzamento  di  terreno  risultava destinato a discarica a
seguito  di  numerose  ordinanze emesse dalla struttura commissariale
per l'emergenza rifiuti in Campania succedutesi nell'arco del tempo.
   A  seguito  di tale informativa il p.m. procedente, ravvisando nei
fatti  gli estremi del reato di cui agli artt. 51, d.lgs. n. 22/1997,
452  e  439  c.p.,  4,  31  e 89, d.lgs. n. 626/1994, 29 e 59, d.lgs.
n. 152/1999, emetteva decreto di sequestro di urgenza della discarica
di parco Saurino 2.
   In  tale contesto, si provvedeva ad identificare e successivamente
ad  iscrivere  nel  registro  degli indagati, tra gli altri, anche De
Biasio Claudio, all'epoca direttore generale del consorzio Ce 4, ente
incaricato  dalla  strutturale  commissariale  della  gestione  della
predetta discarica.
   All'esito  della  convalida  da  parte  del  g.i.p. del decreto di
sequestro  di urgenza disposto dal p.m., le indagini risultano essere
proseguite  con  ispezioni, acquisizione di documentazione e raccolta
di sommarie informazioni testimoniali.
   Successivamente  con  provvedimento depositato il 9 novembre 2007,
evidentemente  a  seguito  di  stralcio  della  posizione processuale
relativa  al  solo  De  Biasio Claudio, il p.m. avanzava richiesta di
archiviazione  in  relazione  alla specifica posizione subiettiva, in
relazione a tutte le fattispecie di reato suindicate.
Ambito di applicazione ratione materiae del d.l. n. 90/2008.
   Il  comma  1 dell'art. 3 del d.l. 90/2008 prevede testualmente che
«Nei  procedimenti  riferiti alla gestione dei rifiuti ed ai reati in
materia  ambientale  nella Regione Campania, nonche' a quelli ad essi
connessi  a  norma  dell'art. 12 del codice di procedura penale (...)
debba  essere competente il Procuratore di Napoli e, conseguentemente
il Tribunale partenopeo.
   Cio'  premesso,  giova  ribadire  come  il  presente  procedimento
risulta iscritto per diverse tipologie di reati ambientali, all'epoca
previsti  e sanzionati dal c.d. decreto Ronchi e dal T.U. n. 152/1999
(ed  oggi  compendiati nella previsione del d.l. 152/2006), oltreche'
per  una  serie di fattispecie del codice penale connesse alle citate
contravvenzioni  e  relative alla gestione della discarica denominata
parco  Saurino  2  da  parte del Consorzio Ce 4, di cui l'indagato De
Biasio  risulta essere stato per il periodo di interesse il direttore
generale.
   E'  appena  il caso di aggiungere che il citato consorzio, come si
ricava anche dalla documentazione acquisita agli atti, risulta essere
una   delle   strutture  che,  nei  rispettivi  ambiti  territoriali,
avrebbero  dovuto  prendere  parte  attiva  in porzioni rilevanti del
gestione degli RSU campani.
   Cio'  posto,  risulta  chiaro che, anche qualora volesse accedersi
alla  piu'  restrittiva  delle interpretazioni della norma succitata,
sarebbe   in   ogni   caso   inevitabile  ritenere  che  il  presente
procedimento  debba essere ricompreso tra quelli per i quali l'art. 3
del   d.lgs.  n. 90/2008  ha  previsto  la  competenza  del  «Giudice
regionale partenopeo».
La  natura  ed  il  tenore dei provvedimenti adottandi a legislazione
vigente da parte di questa a.g.
   Come  accennato,  questa  a.g.  risulta  investita  dell'onere  di
valutare    fondatezza   ed   accoglibilita'   della   richiesta   di
archiviazione avanzata dal p.m. procedente.
   A  tale  fine,  questo  giudice,  nell'esercizio del potere/dovere
contemplato   dall'art.  409,  secondo  comma  codice  di  rito,  non
ritenendo  di  accogliere  con  decreto  la richiesta del p.m., aveva
provveduto  a  fissare apposita udienza camerale per la discussione e
l'adozione dei provvedimenti conseguenti.
   Nelle  more  della  celebrazione  della  suindicata procedura (era
stata   prospettata   dal   difensore   dell'indagato   questione  di
legittimita' costituzionale per tutt'altre ragioni che si e' ritenuta
non  rilevante  nell'attuale  fase  procedimentale),  risulta  essere
entrato  in  vigore  il d.l. n. 90/2008 che, ha peraltro previsto, al
comma  5  dell'art.  3, che le mutate regole di competenza funzionale
debbano  essere  applicate anche ai procedimenti in corso per i quali
non e' stata esercitata l'azione penale.
   Orbene,  e'  quasi  ultroneo aggiungere, stante il chiaro disposto
dell'art.  405, comma primo c.p.p. (il pubblico ministero, quando non
deve  richiedere  l'archiviazione,  esercita l'azione penale), che la
formulazione della richiesta di archiviazione, se vale per un verso a
fare   ritenere   terminata   la  fase  delle  indagini  preliminari,
certamente  non  puo'  essere equiparata ai fini che qui interessano,
all'esercizio della azione penale.
   Ne  discende che, applicando la normativa oggi vigente, ai sensi e
per  gli  effetti  dell'art.  22  questa  a.g.,  prima  di ogni altra
valutazione  di  merito, dovrebbe pronunciare la propria incompetenza
funzionale ad adottare la decisione richiesta.
La  norma derogativa della competenza e la violazione degli artt. 3 e
102 della Costituzione.
   Si  e'  gia' chiarito come le disposizioni di cui si nutrono dubbi
di  costituzionalita'  sono  i  commi primo e secondo dell'art. 3 del
d.l.  n. 90/2008  che,  giova  ribadirlo, prevedono espressamente una
deroga alle ordinarie regole di competenza territoriale, funzionale e
persino di composizione del giudice, onerato di valutare richieste di
misure  cautelari  personali  e reali, individuando per tutti i reati
campani  l'esclusiva attribuzione del Procuratore della Repubblica di
Napoli  e  la  conseguente  competenza  dei magistrati giudicanti del
Tribunale partenopeo.
   Tali  disposizioni  devono  essere  necessariamente  integrate dal
comma 9 del medesimo art. 3, che recita testualmente:
     «Le   disposizioni   del  presente  articolo  cessano  di  avere
efficacia  al  termine dello stato emergenziale in relazione al quale
e'  emanato  il  presente  decreto,  salvo  che  per i fatti commessi
durante lo stato emergenziale stesso».
   Tale   disposizione,   a   sua   volta,   risulta  definitivamente
perfezionata  di  significato attraverso il disposto dell'art. 19 del
d.l. in esame che prevede:
     «lo  stato  di  emergenza  dichiarato  nella Regione Campania ai
sensi  dell'art.  5  della  legge  1992, n. 225, cessa il 31 dicembre
2009».
   In  altre  parole  e riassumendo, risulta chiaro che dal complesso
delle norme succitate l'eccezionale competenza funzionale dei giudici
del   Tribunale  partenopeo  risulti  anzitutto  unica  in  tutta  la
Campania,    senza   uguali   sul   territorio   nazionale,   nonche'
temporalmente limitata.
   Cio'  chiarito,  giova  in  questa sede riportare integralmente il
chiaro testo dell'art. 102 della Costituzione che prevede:
     La funzione giurisdizionale e' esercitata da magistrati ordinari
istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario.
     Non  possono  essere  istituiti  giudici  straordinari o giudici
speciali.  Possono  soltanto  istituirsi presso gli organi giudiziari
ordinari  sezioni specializzate per determinate materie, anche con la
partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura.
   (...)
   Orbene, su queste basi, per quanti sforzi semantici possano essere
fatti, risulta obiettivamente impossibile non attribuire la natura di
giudice  straordinario  al  «Giudice  regionale  partenopeo»,  le cui
attribuzioni giurisdizionali risultano esplicitamente connesse ad una
situazione   assolutamente   eccezionale  e  certamente  contingente,
destinata,  per  espressa previsione legislativa, ad avere una durata
temporale limitata.
   Si  tratta  a  questo  punto  di  verificare  se  la  disposizione
normativa  in  esame  possa  rientrare  nella  diversa  locuzione  di
«sezioni  specializzate  per  determinate  materie  presso gli organi
giudiziari  ordinari»,  di  cui  alla seconda parte del secondo comma
dell'art. 102 Cost.
   A  tale  riguardo,  deve  essere  in  primo luogo osservato che, a
leggere  con attenzione la norma, tale ultima definizione sembrerebbe
piu'  propriamente  prevedere una eccezione al divieto di istituzione
di giudici speciali.
   Risulta  infatti  chiaro che tale previsione termina prevedendo la
possibilita'  che  delle  sezioni  specializzate facciano parte anche
«cittadini idonei estranei alla magistratura».
   In  ogni  caso,  si  ritiene  che  cio'  che valga ad escludere la
possibile  qualifica  di  «sezioni  specializzate  presso  i  giudici
ordinari» nel caso in esame sia la gia' evidenziata assoluta unicita'
su  base  nazionale  della  previsione  di  competenza  attribuita al
Giudice partenopeo.
   In  altre  parole, risulta francamente chiaro, che a fronte di una
mancata  rivisitazione di una regola che disciplini su base nazionale
la  competenza  giurisdizionale a decidere nella specifica materia de
quo  (come  risulta,  ad esempio avvenuto per i reati attribuiti alla
competenza  della  D.D.A.  e/o anche, piu' di recente, per quelli che
concernono i delitti di pedopornogrofia) non si puo' convincentemente
sostenere  che  il giudice regionale istituito presso il Tribunale di
Napoli sia sezione specializzata di un tribunale ordinario.
   Tali ultime considerazioni impongono di dubitare della conformita'
costituzionale   delle  disposizioni  in  esame  anche  in  relazione
all'art. 3 della Costituzione.
   Non  vi  e'  dubbio, infatti, che la specificita' della competenza
giurisdizionale  campana finisca inevitabilmente con l'avere evidenti
ricadute  sul  principio  di  uguaglianza  e  di pari trattamento dei
cittadini innanzi alla legge.
   Basti   pensare   che   un   medesimo   reato  potrebbe  risultare
diversamente  perseguibile (con o senza la possibilita' di iniziative
di  urgenza  di  p.g.  e  p.m.)  o valutabile (da parte di un giudice
monocratico  o  collegiale) a seconda se risulti essere perpetrato in
Campania, piuttosto che in ogni altra parte d'Italia.
Il  comma 5 dell'art. 3, d.l. n. 90/2008 e la violazione dell'art. 25
Costituzione.
   Si  e'  gia'  accennato all'inizio come debbano essere evidenziati
dubbi  di  costituzionalita' anche in relazione alla disposizione che
prevede  l'applicazione  dei  mutati  criteri  di competenza anche ai
procedimenti  in  corso  prima  della  data  di entrata in vigore del
decreto.
   Si  tratta,  a ben riflettere, di una disposizione particolarmente
significativa  che  si  traduce,  sostanzialmente,  in una modifica a
posteriori  dell'autorita'  giudiziaria  innanzi  alla quale si erano
validamente  instaurati (da tempo precedente indefinito) procedimenti
penali per reati evidentemente commessi prima della entrata in vigore
del decreto medesimo.
   Orbene, anche in questo caso, risulta doveroso quantomeno dubitare
che   tale  opzione  normativa  risulti  compatibile  con  la  regola
costituzionale  contenuta  nel  comma  primo  dell'art. 25 Cost. che,
giova ribadirlo, recita testualmente:
     Nessuno  puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito
per legge.
   In  proposito  occorre precisare che non si intende in questa sede
affrontare  la  complessa  problematica  connessa  alla  locuzione di
«Giudice  naturale»  (la  cui  individuazione dovrebbe essere in ogni
caso  e  come  noto  improntata  a criteri di ragionevolezza), quanto
piuttosto semplicemente constatare che si e' inteso macroscopicamente
derogare alla regola della precostituzione.
   In  altre  parole,  utilizzando come esempio il caso in esame (con
buona pace della rilevanza della questione nel presente procedimento)
risulta  chiaro che il De Biasio, essendo indagato per fatti commessi
in  epoca  di  gran lunga antecedente alla entrata in vigore del d.l.
n. 90/2008,  si vedrebbe - in diretta applicazione della normativa in
esame   -   mutato   il   proprio  giudice  da  quello  originario  e
precostituito sammaritano in quello inedito e posteriormente previsto
regionale/partenopeo.
   Anche sotto questo profilo, e per tutte le ragioni sopra dette, si
ritiene   che   le  questioni  di  costituzionalita'  suindicate  non
risultino manifestamente infondate.
La rilevanza delle questioni costituzionali suindicate.
   A  rischio  di  sembrare  ripetitivi,  vale  la  pena  ribadire la
rilevanza nel giudizio a quo di tutte le questioni sopra illustrate.
   Invero,  come si e' cercato di chiarire, a seguito della richiesta
di  archiviazione  avanzata  dal p.m., questo giudice, avrebbe dovuto
stabilire,  previa  celebrazione  di  apposita udienza camerale, se e
quali provvedimenti adottare in relazione al presente procedimento ai
sensi e per gli effetti dei commi 4 e 5 dell'art. 409 c.p.p.
   Come  chiarito,  pero',  prima  di  effettuare tali valutazioni di
merito,  in  diretta  applicazione  delle  specifiche disposizioni di
legge  contenute  nel  d.l.  n. 90/2008  di  cui  si  e'  sopra fatto
riferimento  (art.  3,  commi primo, secondo, quinto, sesto e nono ed
art.  19),  risulterebbe  doverosa la declaratoria di incompetenza di
questa  a.g.  per  essere  competente  il  neo  Tribunale «Regionale»
partenopeo.
   Risulta  pertanto  chiaro  che  la  soluzione  delle  questioni di
costituzionalita'  delle norme succitate assume rilievo pregiudiziale
per il presente giudizio.
   Risulta pertanto altrettranto doverosa lo sospensione del presente
procedimento  ex  art.  23,  secondo comma della legge 11 marzo 1953,
n. 87.